Nel 2003 iniziai ad allevare volatili certificati biologici per gli chef. Allora fu una scelta non compresa e criticata da molti.
In seguito, mentre si sviluppava la sensibilità generale verso temi ambientali e la naturalezza del cibo, mi trovai a decidere come qualificare il nostro lavoro: tra BIO, ANTIBIOTIC FREE E FREE RANGE, scelsi ancora il metodo biologico per la filosofia basata sul rispetto della natura e dell'uomo e per l'onestà della sua comunicazione, genuina e non ingannevole.
Il BIO non è nato né per questioni di marketing, né per moda.
Nasce nel nord Europa agli inizi del 1900; poi si sviluppa come movimento nella prima metà del XX secolo, proponendosi come metodo alternativo all'agricoltura intensiva. Una storia vera, concreta e non studiata a tavolino.
Oggi il BIO si è evoluto e, pur non tradendo la sua filosofia, ha fatto proprie alcune scoperte dei giorni nostri, nel segno del benessere animale, umano e della sostenibilità ambientale.
Il suo disciplinare norma tutti i processi produttivi della filiera (
» Guarda il disciplinare).
Il "free range" è un ottimo sistema di allevamento, perché lascia spazi naturali agli animali, ma troppo soggettivo nell'applicazione, senza un rigido disciplinare come quello bio.
"Antibiotic free" in italiano si traduce "libero da antibiotici". L'esigenza sorge dalla necessità di adeguare le tecniche di allevamento convenzionale/industriale per combattere il fenomeno dell'antibiotico resistenza contro i patogeni.
Gli antibiotici si usano in modo mirato solo in terapia e solo nelle fasi iniziali della vita animale. Gli animali vengono allevati sia al chiuso, che con spazi all'aperto, possono essere a veloce o a lento accrescimento, i mangimi sono da agricoltura convenzionale (più economici), pertanto le granaglie possono aver subito trattamenti chimici.
La definizione "antibiotic free" non soddisfa però pienamente le aspettative del pubblico, che si aspetterebbe carni allevate senza antibiotici, cosa che non è sempre garantita.
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